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Il calcio d’estate, terra di sogni e ambizioni, quando mancano poco più di venti giorni al primo kick-off della Serie A 2015/16, aumenta il chiacchiericcio attorno ai top club della nostra Lega, per capire chi potrà ambire allo Scudetto, chi riuscirà ad entrare in Europa e quali squadre saranno le rivelazioni o i flop dell’anno che verrà. Non ho potuto esimermi dallo spulciare attentamente tutti i nomi e i movimenti delle rose e – paragonando ognuna di esse a quella nerazzurra – mi è balzato all’occhio un aspetto che mi ha fatto riflettere sul peso di Mauro Icardi e sulla sua evoluzione come giocatore: l’Inter è l’unica delle grandi formazioni italiane ad aver incentrato il proprio progetto tattico su un attaccante apparentemente old school, un rapace d’area dai numeri impressionanti. La Juventus e la Roma hanno giocatori come Mandzukic e Dzeko, numeri 9 atipici, capaci di spaziare su tutto il fronte d’attacco e nel pieno della loro maturità calcistica. Il Napoli ha già da qualche anno Gonzalo Higuain, della stessa pasta dei due citati poco sopra. Il Milan si è affidato alle caratteristiche di Bacca e Luiz Adriano, due che amano attaccare a tutto campo, non stanziando solo in area di rigore, mentre la Fiorentina ha ceduto il proprio Panzer, Mario Gomez, per far sì che l’attacco passasse dai brevilinei Bernardeschi e Pepito Rossi.
Il calcio di oggi è dei giocatori che fanno dell’assenza di punti di riferimento il loro mantra e della versatilità il loro stile di gioco. Eppure Icardi resiste e l’anno scorso si è laureato capocannoniere insieme a Luca Toni, un altro pirata delle aree di rigore. Ma soprattutto, come ha fatto a convincere Roberto Mancini (solo io mi ricordo di voci relative ad un loro scarso feeling, ad inizio 2015?) a spostarlo dalla casella ‘’partenze’’ a quella degli incedibili, di cui fra l’altro è tutt’ora l’unico componente? La risposta è semplice. A dispetto di tutti quelli che lo tacciano come menefreghista o distratto dal mondo del pallone, ha lavorato per dare una nuova dimensione al suo stile di gioco, riuscendoci alla perfezione. Maurito si è evoluto e ai nastri di partenza di questa stagione si presenta un giocatore diverso a quello a cui siamo stati abituati per gran parte dello scorso campionato. Negli ultimi mesi, l’ex attaccante della Sampdoria ha scandagliato zone per lui inesplorate del campo da gioco e ha scoperto una dote a cui non aveva mai dato adito: la visione di gioco del numero dieci. Ora, giocando nel 4-3-1-2, sa dettare i tempi e abbassarsi al momento giusto per favorire l’inserimento del centrocampista (merce rara ai tempi diWM) o per duettare con il compagno di reparto, sfornando assist o third-passages che lo rendono un arma pazzesca per l’attacco nerazzurro.
Il segreto di Mauro Icardi risiede forse nella cura dei particolari che solo chi ha giocato a calcio può capire. Un dato che viene contesto spesso all’attaccante scuola Barcellona è che tocca pochi palloni. Ma c’è davvero bisogno di maneggiare oltremodo la sfera se si riescono a compiere dei movimenti che permettono di presentarsi davanti alla porta pronto per essere servito dal compagno e sbattere il pallone in rete (magari anche in avvitamento, come contro l’Athletic Bilbao, in marcatura con Laporte, uno dei più forti giovani difensori d’Europa)? Il repertorio è molto vasto: scatti laterali, finte e poi imbucate centrali, tagli diagonali (chiedere a Bonucci e Buffon per informazioni) che – aggiungendosi all’abilità da 10 di cui sopra – ne fanno un pericolo pubblico. Sfogliamo la margherita di dati a cui possiamo accedere, uno mi ha colpito: l’anno scorso Icardi ha avuto un rapporto tra tiri e gol spaventoso: una rete ogni cinque tiri e mezzo, soloTevez è riuscito a fare meglio. Il gol nel sangue.
L’Inter di natura è una creatura estranea al conformismo, con il suo spirito liberale e diverso. Mauro Icardi incarna alla perfezione l’abbattimento dei dogmi e delle imitazioni, preferendo piuttosto un’evoluzione graduale del proprio percorso. Non dimentichiamoci che stiamo parlando di un ragazzo di ventidue anni, lontano anni luce dal proprio prime calcistico. C’è ancora tanto da lavorare, visto che – per essere considerato un vero e proprio top player – Icardi deve migliorare in tanti piccoli particolari che possono fare di lui un attaccante totale, ma finché rimarrà fedele ai suoi principi, alla maglie e all’idea di gioco di Mancini (a cui deve moltissimo, come ci ha confidato a Brunico) non potrà far altro che crescere. Se c’è da giocarsi il famoso quarto di dollaro su qualcuno, credo che ancor più dell’anno scorso nei prossimi mesi sarà proprio Icardi l’uomo del destino nerazzurro. E, perché no, della Champions League.
Edoardo Pagani